Livorno, picchia la moglie perché non cucina: «Lei dormiva, in casa facevo tutto io». Condannato un artigiano
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Ha minacciato la donna davanti ai carabinieri accorsi in suo aiuto: «Ti ammazzo e ti do in pasto ai maiali». Il giudice ha stabilito una condanna a tre anni.
LIVORNO. L’avrebbe insultata e picchiata davanti ai figli piccoli perché non voleva cucinare: «In casa dovevo fare tutto io, lei era abituata a dormire fino a mezzogiorno...». Minacciandola davanti ai carabinieri accorsi in suo aiuto: «Ti ammazzo. Allevo dei maiali e ti faccio mangiare da loro così sembra un incidente».
Un artigiano livornese di 48 anni è stato condannato a tre anni di reclusione (e interdetto per cinque dai pubblici uffici) per il reato di maltrattamenti in famiglia. Ieri in aula è stato ascoltato dai giudici – il presidente del collegio era Gianmarco Marinai – e pur riconoscendo i problemi di convivenza con l’ormai ex moglie quarantenne, con la quale si è poi separato, ha negato ogni violenza. «Si litigava tutti i giorni, ma non le ho mai messo le mani addosso – ha spiegato – mentre lei mi diceva che di me non le fregava più niente. Ho sbagliato a non chiedere subito la separazione, l’ho fatto per i nostri due figli. È colpa mia, perché prima quando le cose economicamente andavano bene le ho consentito un adeguato tenore di vita. Poi dopo sono iniziati i problemi La nostra intimità? Quando provavo ad avvicinarmi mi respingeva e in casa non cucinava, né faceva la spesa. Fra l’altro so che ora ha un nuovo compagno e che, anche in questo caso, cucina lui», ha insistito rispondendo alle domande del pm Giuseppe Rizzo, che per l’artigiano aveva chiesto una pena inferiore a quella inflitta dal tribunale: due anni di reclusione.
LA RICOSTRUZIONE
I fatti contestati sarebbero avvenuti nel 2020. Il primo il 2 aprile, all’inizio del lockdown. La donna chiama i carabinieri di Cecina, visto che all’epoca conviveva lì col marito, che alle 4.30 del mattino la trovano infreddolita, accanto alla macchina col pigiama e le pantofole alla temperatura di due gradi. «In quell’occasione – così ha parlato in aula un brigadiere di Cecina, intervenuto con la pattuglia – ci mostrò dei messaggi del marito, con scritto: “Se non rientri vengo a cercarti e ti ammazzo”. Poi, davanti a noi, l’ha minacciata. A quel punto, dopo che lo abbiamo diffidato dal continuare a comportarsi in quel modo, se ne è andato». La donna, che oggi lavora come insegnante a Livorno e al tempo era impiegata nell’azienda del marito, non denuncia subito. Ma lo fa dopo un secondo episodio, il 19 ottobre dello stesso anno.
LA FUGA DA CASA
La sera del 18 ottobre, alle 20.45, è una chiamata della figlia, all’epoca undicenne, ad allarmare i genitori della donna: «Mamma piange, urla e ha paura. Nonno vieni». Loro si precipitano nell’abitazione, trovandola col volto arrossato forse da uno schiaffo. «Mia nipote – racconterà il padre ai militari – mi ha passato mia figlia la quale mi ha chiesto di portarla via di casa perché suo marito l’aveva picchiata e minacciata. Quando sono arrivato nell’appartamento lei piangeva e lui era fuori a fumarsi una sigaretta». «Sentii un rumore simile a uno schiaffo», sono invece le parole di una vicina. Insieme ai genitori anziani, la quarantenne, lascerà l’abitazione la sera stessa e poco dopo si separerà, accordandosi per un assegno di mantenimento per i figli di 500 euro mensili, con l’ex marito – difeso dall’avvocato Giovanni Marconi, che annuncia ricorso in appello – che le ha liquidato (valore 45.000 euro) l’appartamento che avevano acquistato insieme.
LA CONFIDENZA
Per un periodo – dal marzo del 2019 al febbraio 2021 – la donna ha lavorato nell’azienda del marito. Il 24 ottobre del 2020, sentito come testimone dai carabinieri, il socio dell’ex coniuge ha raccontato che «il lunedì precedente sua moglie mi ha riferito che si sarebbe dovuta licenziare perché il marito da tempo la picchiava e le fece un occhio e una gamba neri». Alla luce degli accertamenti iniziali dei militari, il 5 novembre, il giudice ha imposto all’artigiano il divieto di avvicinamento alla donna. Anche se per alcuni mesi, non avendo altre possibilità economiche, lei ha continuato a lavorare part time nella ditta dell’artigiano. Salvo poi andarsene e iniziare a fare le supplenze a scuola. Ricominciando a vivere: «Ora – ha raccontato il babbo – finalmente è felice».
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