«Il mio incubo nella scuola di Prato. Mi gridavano "frocio" e mi spogliavano per umiliarmi», Marco racconta il suo inferno
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Il 25enne è stato vittima di bullismo e violenze quando frequentava le medie: «Umiliazioni ogni giorno, ora è il momento che tutti sappiano quello che ho passato»
PRATO. «Ho vissuto anni da incubo dal 2009 al 2011 alle scuole medie inferiori del Convitto Cicognini e adesso mi sento di dirlo apertamente. In quei tre anni sono stato umiliato, bullizzato, deriso tutti i giorni e porto ancora i segni interiori di quel periodo».
La denuncia di Marco Capicotto, venticinquenne pratese, arriva come un siluro da Manchester dove vive e frequenta un master in Museologia. Ed è di quelle da far tremare i polsi.
Il 6 maggio, pochi giorni fa, quando è stata pubblicata la notizia del divieto di ballo a una coppia di ragazze Lgbt al Convitto Cicognini di Prato, Marco era a studiare come sempre all'Università di Manchester. Una passione profonda per la letteratura inglese la sua; materia nella quale si è laureato qualche anno fa alla facoltà di Lettere a Firenze, seguita solo dalla passione per l’arte e la museologia. Poi, di colpo il coraggio a due mani, non tanto per fare outing, ma per dire in pubblico ciò che pensa della scuola Cicognini dove ha passato il tempo nel quale da bimbi si diventa adolescenti. E per Marco Capicotto, da quanto racconta, è stato un tempo fatto di traumi con ferite dolorose. Il giovane di Prato ha scritto su Facebook: «Ho frequentato il Convitto Cicognini tra gli anni 2009-2011 e prima di oggi non ne ho mai parlato pubblicamente. Leggendo le notizie credo sia arrivato il momento di farlo, lo sento come un imperativo categorico, morale. Dopo più di dieci anni mi rendo conto che ciò che mi è successo e che ho vissuto per quasi tre anni non è stato assolutamente normale. Sono stato vittima di bullismo per varie ragioni: i miei artisti preferiti, i miei interessi, il mio aspetto fisico, il mio orientamento sessuale, le mie origini. Ho subìto violenza verbale, psicologica, sessuale».
Marco, cosa è accaduto in quei 3 anni di scuole medie?
«Di tutto. Ogni giorno ero sotto attacchi di bullismo e violenza psicologica continua. Ero un tipo appartato, solitario, mi interessavo delle mie cose, non facevo vita di classe. Gli altri mi gridavano ogni istante “frocio”, “finocchio”. Era una cosa continua. C'era un certo Lorenzo, non voglio dire il cognome, che era un po' il capo del gruppo ma era intoccabile, era il pupillo dei professori».
Avvertivi che il tuo orientamento sessuale era diverso a quell'età o ancora no?
«Lo dico senza preoccupazioni. No, a quell'età non avvertivo un orientamento sessuale preciso. Vivevo un po' nel mio mondo quello sì, ma senza fare del male a nessuno».
A te, sembra, però, che del male sia stato fatto.
«Sì. E anche tanto. Da anni seguo percorsi di psicoterapia comportamentale. È lì che ho iniziato a capire me stesso. Ma prima di ora non avevo mai detto pubblicamente quello che mi è stato fatto in quei tre anni di medie. Più volte negli spogliatoi della palestra sono stato denudato dal gruppo, toccato nel corpo mentre gridavano “frocio”, “finocchio”».
Perché solo adesso hai deciso di rendere pubblico tutto questo?
«Non ho avuto il coraggio prima. È una cosa che è rimasta fra me, i miei genitori e il mio terapeuta. Ma ora, leggendo la notizia di qualche giorno fa sul web, ho trovato il coraggio di uscire allo scoperto. Ora lo dico senza paura. Ho vissuto anni da incubo in una scuola che io ho vissuto come classista e feroce verso chiunque era avvertito come diverso. Questo è stato per me il Convitto Cicognini».
Nessun insegnante ti dette aiuto in quei momenti ?
«Assolutamente no. Anzi. Chiesi sostegno all'allora docente di italiano, storia e geografia. Mi disse chiaramente che non era suo compito. Che ero adulto dovevo cavarmela da solo. Non ho mai sentito dire cose così da un docente».
Che rapporto hai coi tuoi genitori?
«Un rapporto molto bello. Sono stati il mio grande supporto, anche se in quegli anni non raccontavo niente di tutto questo a casa».
Dove vuoi vivere adesso?
«In Gran Bretagna. Mi piace. Qui ci sono opportunità vere di lavoro e spirito libero».
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