Livorno, doppio miracolo in sala operatoria: donna salvata due volte in poche ore
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La paziente, una livornese 55 anni, rischiava di morire per due emboli a arteria polmonare e cuore: il primo è stato asportato a Neuroradiologia con una tromboaspirazione mai fatta prima
LIVORNO. È arrivata al pronto soccorso senza fiato, con forti dolori al torace, cianotica. Embolia polmonare, è stata la diagnosi emersa dall’angiografia, vale a dire ostruzione di una delle arterie polmonari deputate al trasporto del sangue dal cuore ai polmoni.
La donna, 55 anni, livornese, del quartiere Shangai, stava male, ma non poteva immaginare che di lì a poche ore i medici dell’ospedale di Livorno e poi quelli dell’Opa di Massa le avrebbero salvato due volte la vita con due diversi interventi quasi miracolosi.
L’intervento mai fatto
Dopo una notte passata nella terapia sub-intensiva del pronto soccorso, le condizioni della paziente sono peggiorate in maniera repentina. Non appena i parametri l’hanno permesso la donna è stata portata nella sala angiografica della Neuroradiologia, dove è stata sottoposta a una procedura endovascolare ad opera del radiologo interventista Roberto Arpesani.
«Siamo entrati nelle arterie polmonari passando dall’inguine, tramite l’arteria femorale – racconta Arpesani -. Poi col sistema di aspirazione siamo andati nei rami della polmonare dove c’era questo trombo importante frantumandolo e aspirandolo di volta in volta fino a liberare le principali diramazioni, sia destra che sinistra».
L’intervento è durato un’ora. «Nel corso della procedura avevamo un riscontro doppio – continua il neuroradiologo –, non solo c’erano le immagini a confortarci ma anche i valori pressori ed emodinamici andavano migliorando in tempo reale».
Si è trattato del primo intervento di tromboaspirazione effettuato non solo all’ospedale di Livorno ma in tutta la Toscana costiera, una prima volta che apre una nuova possibilità di cura per malati gravi colpiti da embolia polmonare. «Su pazienti instabili o ad alto rischio, che non possono essere trattati con gli anti-coagualanti, la tromboaspirazione rappresenta una procedura salvavita», sottolinea Arpesani. Il trattamento è mutuato da quello per lo stroke ischemico delle arterie periferiche, ma molto più complesso. «Si possono aspirare trombi di grosse dimensioni, ma immaginate questo grande catetere che va a lavorare in un cuore già impallato e molto coinvolto dal sovraccarico dei trombi a valle – aggiunge il neuroradiologo –. Di fatto la procedura è già di per sè rianimatoria e la parte pre e post intervento necessita di competenze particolari».
Che sono quelle che hanno salvato la seconda volta la vita alla signora, prima nel reparto di Rianimazione degli Spedali Riuniti e poi all’Opa di Massa.
«L’arresto era a un passo»
Il seguito della storia lo racconta il dottor Baldo Ferro, rianimatore dell’equipe guidata da Paolo Roncucci che era di turno la notte in cui la donna è stata operata.
Ferro fa un passo indietro: «La paziente, ipotesa, era già fortemente instabile quando è entrata in sala angiografica, dove l’anestesista Mosè Vannelli l’ha mantenuta in respiro spontaneo con l’assistenza di ventilazione non invasiva. Senza la tromboaspirazione sarebbe andata in arresto cardiaco in brevissimo tempo. La procedura eseguita in sala, seppur non abbia pulito completamente le arterie polmonari, ha permesso di darle stabilità».
Il secondo trombo al cuore
Dopo l’intervento la signora è stata trasferita in Rinimazione ma la sera sono emerse nuove gravi complicanze. «Un altro trombo si è spostato dall’atrio destro attraverso una anomalia anatomica del setto che separa il cuore destro dal cuore sinistro, e si è attaccato nell’atrio di sinistra determinando un rischio per la vita della paziente», racconta Ferro che tramite l’ecocardiografia si è accorto che qualcosa non andava.
«Ho eseguito un ecocardiogramma transeofageo, poiché i casi di trombo in transit sono descritti in letteratura dopo la procedura di rimozione dell’embolia polmonare seppur molto rari e difficili da diagnosticare», continua Ferro. Per avere conferma della diagnosi il medico ha ripetuto l’esame tre volte. «A quel punto abbiamo avvisato la Cardiochirurgia di Massa e grazie al collega di guardia all’Opa Simone Sorbo è stato predisposto il trasferimento per l’intervento in emergenza di rimozione del trombo cardiaco».
È stato allertato l’elicottero e nella notte la paziente è stata trasferita all’ospedale apuano, dove è stata operata a cuore aperto dal cardiochirurgo Tommaso Gasbarri, che le ha estratto dal cuore questo secondo trombo di 8 centimetri, più piccolo di quello rimosso con la tromboaspirazione. Poi è stata ricoverata nella Rianimazione del primario Paolo Del Sarto. Dopo essere stata estubata la signora è stata riportata a Livorno, dimessa e oggi, un mese dopo aver visto la morte in faccia, ha ripreso quasi totalmente la funzionalità del cuore destro, colpita da embolia polmonare.
La lotta alle embolie
La sua storia a lieto fine è una storia di speranza, che fotografa i passi avanti dal punto di vista clinico e anche organizzativo della nostra sanità. «L’approccio multidisciplinare nel trattamento dell’embolia polmonare è fondamentale – evidenzia il primario del pronto soccorso di Livorno Luca Dallatomasina –. La procedura radiologica interventistica permette di dare una chance a pazienti che avrebbero avuto complicanze di coagulazione alte. La gestione di questa signora è stata molto difficile fin dall’inizio: il dubbio, come avviene nei casi di embolie complesse, era se scoagulare la paziente oppure no. La nostra scelta è stata giusta e ha permesso successivamente di procedere con l’intervento cardiochirurgico d’emergenza».
Aggiunge Ferro: «Le competenze diagnostiche all’arrivo della paziente, la valutazione primaria del pronto soccorso e poi col team rianimatorio, l’evoluzione della radiologia interventistica, la diagnosi post procedura endovascolare, il trasferimento notturno grazie alla centrale operativa del 118, il trattamento cardiochirurgico sono le tessere di un puzzle che hanno salvato questa donna dalla morte. Una gestione virtuosa che stiamo cercando di standardizzare perché diventi un percorso definito».