Attacco hacker, i dati dell’Università di Pisa sul forum russo a 1 milione di euro

La cybergang insiste: oggi tutto pubblico. Studenti pensano alla class action

PISA. I dati sottratti con un attacco ransomware all’Università di Pisa dal gruppo BlackCat/Alphv sono stati pubblicati su un forum russo che si chiama Xss (popolare nel mondo dell’hacking) con affisso un “cartellino” di prezzo: in vendita per un milione di euro. Molto meno dei quattro che la cybergang aveva chiesto all’Università per non pubblicare. Il post è durato poche ore ed è stato rimosso. Il perché è difficile a dirsi: qualcuno ha comprato i dati? Era un’esca per forzare la mano all’ateneo? Solo ipotesi senza verifica, dato che l’Università finora non ha mai rilasciato una dichiarazione ufficiale sulla violazione dei dati personali subìta (data breach).

Il post di Blackcat è stato pubblicato mercoledì e rimosso ieri mattina poco prima delle 8. E la cybergang, sul Dls (data leak site) ha pubblicato un aggiornamento in cui, tra le altre cose, parla di contatti con il rettore per la trattativa poi sospesi. Sbagliando clamorosamente il nome: “We spoke yesterday with your rector, Masimo Aguela”. Abbiamo parlato con il vostro rettore. In realtà il rettore attuale è Paolo Mancarella, succeduto a Massimo Augella (quindi anche errori di battitura) nel 2016. Gli hacker aggiungono:” Stiamo dando a questa situazione un'ultima possibilità per una risoluzione costruttiva”, fissando la scadenza per il leak alle 23 di oggi se non avranno risposte dall’Università. Vogliono monetizzare lo sforzo fatto ottenendo qualcosa dal ricatto.

Non sono gli unici ad attendere un segno dall’ateneo. Così mercoledì sera, Sinistra Per ha convocato un’assemblea online per confrontarsi sul tema. L’interesse c’era: al picco di presenze si erano collegate 220 persone, tra studenti, dottorandi, professori e personale tecnico amministrativo. Spiega Andru Budacu, capogruppo in consiglio degli studenti di Sinistra Per «C’è stato un dibattito abbastanza proficuo che ha portato a delle proposte concrete. Da una parte si pensa di continuare a cercare di aprire un dialogo con l’ateneo sul tema del data breach, dall’altro lato c’è la questione del doversi tutelare. Dall’11 giugno, giorno dell’attacco, l’ateneo è rimasto in silenzio. Avremmo voluto magari sapere se ci sono dei contatti con le forze dell’ordine e un avviso per cambiare le password. Il minimo. Hanno detto che i dati sono marginali, magari di persone che hanno finito l’università».

Il problema è che magari in quei dati ci sono indirizzi di casa o, come si vede dagli screenshot diffusi, ci sono piani di dati sulla ricerca di certi dipartimenti che risalgono al 2021. «Sono dati sensibili e attuali. Non possiamo dire con certezza se questi sample diffusi siano un bluff. Ma è difficile pensarlo. È comparsa la carta d’identità di un dirigente, con i dati oscurati».

Domani (sabato 25), alle 15, ci sarà la seduta del consiglio di amministrazione dell’università. «L’assemblea, date le innumerevoli mail senza risposta, ha deciso che ci faremo vedere sotto il rettorato dove si terrà la seduta. E pretenderemo una risposta», continua Budacu. «Per la tutela è importante aggregare abbastanza persone: si pensa a una possibile class action, tra le varie ipotesi. Cioè una causa collettiva contro un determinato ente. L’ateneo, come comunità accademica, è la parte lesa».