Cinque anni di carcere per la rapina al market: «Ma mio zio era lì per il pane»
Difeso dal nipote che minacciò una cassiera con la pistola: «Mio zio lì per caso, ho fatto da solo». Il pm: era il “palo”
PAVIA. Il nipote lo ha difeso durante il processo: lo zio era entrato in quel negozio solo per comprare il pane. Di diverso avviso l’accusa: l’acquisto di pane era soltanto un modo per mascherare il vero intento, e cioè coprire il nipote mentre si faceva consegnare il denaro dalla cassiera, minacciandola con una pistola.
In tribunale, davanti al collegio presieduto dalla giudice Raffaella Filoni, è passata la seconda ricostruzione. E per Remo Piccolo, 44 anni, abitante a Pozzuoli, in provincia di Napoli, è scattata la condanna: cinque anni di carcere per avere fatto da palo al nipote, Francesco Signorelli, 22 anni, e avere quindi avuto un ruolo nella rapina messa a segno il 10 febbraio del 2020 nel supermercato In’s di via Dei Mille, in Borgo. L’uomo è ancora in carcere.
Pena dimezzata al nipote
Per Signorelli, accusato di avere materialmente fatto la rapina impugnando la pistola (che si era poi rivelata falsa) contro la cassiera e facendosi consegnare 300 euro di incasso, il processo si è chiuso da tempo con una pena dimezzata: il giovane aveva patteggiato due anni e mezzo. Più alta la condanna per lo zio, che, secondo la versione del nipote, era venuto da Napoli a Pavia per fargli visita. Il giorno della rapina il familiare si sarebbe trovato per caso nello stesso supermercato che il nipote aveva deciso di rapinare.
Lo zio era rimasto tra i clienti, per l’accusa con l’obiettivo di tenere la situazione sotto controllo. Dopo il colpo, zio e nipote erano stati arrestati dai carabinieri.
La versione della difesa
In aula, durante la sua testimonianza, il nipote ha difeso il familiare: «La rapina l’ho fatta io e purtroppo ho messo nei guai mio zio che era venuto a farsi una vacanza dopo tanti anni. Sono andato a fare una rapina dove c’era lui dentro. Sapevo che stava andando a comprare il pane». Una versione ribadita anche dal legale difensore, l’avvocato Pierluigi Vittadini, che nella sua arringa ha citato una sentenza della Cassazione che definisce il concetto di “palo” e il ruolo che dovrebbe avere il presunto complice di una rapina per essere incriminato. Per gli ermellini deve esserci una «consapevolezza del ruolo rivestito da ciascun coautore e la volontà di fornire un contributo». La semplice «connivenza», dice la Cassazione, «non è punibile». Per quanto riguarda la presenza sul luogo del reato deve essere valutato il contributo «di questa assistenza all’autore materiale del reato» e quindi se quel contributo rende più agevole o sicuro il crimine per chi lo commette.