I 6 (+1) alimenti preferiti dai fuorisede
Avete presente la piramide alimentare? Se non vi ricordate com’è fatta, vi rinfresco subito la memoria. Alla base ci sono verdura, frutta, pane, riso e pasta, da mangiare ogni giorno; man mano che si sale si incontrano il latte e i suoi derivati, il pesce, le uova, i legumi, la carne e i salumi; e alla fine, in cima, ci sono i dolci e gli alcolici, che andrebbero consumati
occasionalmente. Linee guida chiare e semplici, no? Beh, per i fuorisede non valgono.
Chi vive da sol*, lontan* da casa, fa riferimento a una piramide alimentare del tutto diversa, la cui struttura potrebbe essere riassunta con le parole “totalmente a caso”. Ecco quali sono gli alimenti su cui si basa la dieta di ogni fuorisede:
Pasta con il tonno.
Dio benedica la pasta con il tonno, un faro luminoso in quella notte lunga e tortuosa che è la vita di ogni fuorisede. Piace davvero a qualcuno? Attendibili studi scientifici condotti dalla sottoscritta dicono di no: a quanto pare, non c’è nessuno che mangi davvero volentieri questo piatto. È perfettamente comprensibile, dato che stiamo parlando di pesce di dubbia provenienza strizzato dentro una scatola di latta. Nonostante questo, la pasta con il tonno è e resterà per sempre la ricetta preferita di ogni fuorisede: costa poco, saprebbe cucinarla anche un bambino e richiede ingredienti che non mancano mai nella dispensa. Di fronte a vantaggi di questo tipo, tutto il resto passa in secondo piano.
Pasta con il pesto.
Rimanendo nell’ambito della pasta, è impossibile non parlare di quella con il pesto, altro caposaldo dell’alimentazione di ogni fuorisede che si rispetti. E no, non sto parlando del pesto di marca, ottenuto da ingredienti di prima qualità, selezionati con cura e lavorati a mano dai monaci tibetani, ma di quello del discount, che costa meno ma fa comunque il suo dovere in maniera dignitosa. Pazienza per il vago retrogusto chimico: qui si muore da eroi.
Semplicemente pasta, di qualsiasi tipo.
Dopo quella con il tonno e quella con il pesto, una menzione d’onore va alla pasta in generale, di qualsiasi formato sia e in qualunque modo venga cucinata. La pasta costa 60 centesimi al pacco, non scade praticamente mai e, nella peggiore delle ipotesi, bastano un po’ di olio e di parmigiano per trasformarla in un piatto che non definirei buono, ma quantomeno commestibile. Insomma, siamo fatti della stessa sostanza della pasta, per parafrasare Shakespeare.
Toast, piadine e panini.
Tra il lavoro, le pulizie, la spesa, la caldaia che decide di rompersi all’improvviso e le mille altre incombenze quotidiane, abitare da soli non è sempre una pacchia, e ci sono delle volte in cui si arriva alla sera senza nessuna voglia di mettersi a spadellare. Bene, è proprio in questi momenti che i fuorisede ripiegano su un toast, su una piadina oppure (quando preferirebbero farsi degli shot di candeggina piuttosto che accendere un fornello) un panino. In carbs we trust.
Insalata in busta.
«Mangia le verdure, che fanno bene!» è la classica frase con cui tutt* noi siamo cresciut*: quante volte l’abbiamo sentita dire quando eravamo piccol* e facevamo i capricci davanti ai broccoli? Ogni tanto, nei reconditi meandri della mia mente, la voce della mamma che mi raccomanda di mangiare le verdure fa capolino; potrei ignorarla, dato che sono adulta, vivo da sola e nessuno viene a controllare cosa metto nel piatto, ma qualcosa – forse il senso di colpa per aver ordinato la pizza per quattro sere di fila – mi spinge ad assecondarla. Così faccio quello che fanno tutti i fuorisede quando decidono che è arrivato il momento di mangiare in modo salutare: verso l’insalata dalla busta alla ciotola e la condisco con olio e sale. Gourmet.
Petto di pollo.
La carne più comprata dagli squattrinati fuorisede è quella di pollo, e il motivo è molto semplice: è la più economica. Si potrebbe cucinare in molti modi, ma chi ha voglia e tempo di impanare, marinare, infarinare? Non i fuorisede, che ripiegano sulla celebre ricetta di Elisabetta Canalis: schiaffare in padella delle fette di pollo, farle cuocere per qualche minuto e infine condirle con olio, sale e origano.
Bonus: l’alcol.
La parte migliore dell’abitare da sol* è la libertà di fare tutto quello che si ha voglia di fare, incluso tornare a casa dopo una giornata all’università o in ufficio e spalmarsi sul divano con un calice (o due, o magari tre) di vino. La chiamano dieta liquida, e credo di parlare a nome di tutti fuorisede quando dico che non è affatto male.