Barbieri a 79 anni è ancora dietro il suo banco del negozio nel cuore del paese «Ho immortalato 2mila matrimoni e raccontato lo sviluppo socio economico»
CAVEZZO. «Il mio amore per la fotografia inizia nel 1958 a 17 anni. Per immortalare la prima visione del mare un amico mi presta la sua macchina fotografica.. e da lì inizia tutto». Arrigo Barbieri, 79 anni, nella cittadina della Bassa è una istituzione. Un’icona. Dici il fotografo e pensi subito ad Arrigo. Una vita dietro uno zoom. Una vita per uno clic. Con le sue foto che mettono a fuoco anche lo svilluppo del paese. Le sue storie. I volti della gente. L’industrializzazione che avanza. Fino ai giorni tragici del terremoto. Sono tutte immagini diventate una serie di splendidi libri “amarcord” che tanti, a Cavezzo, custodiscono gelosamente in casa. «L’intuizione di un ufficiale dell'Esercito mi destinò alla Scuola di Fotografia della Cecchignola. Nel febbraio del 1964, Azelio Tabacchi, storico fotografo di Mirandola insiste per cedermi il piccolo Studio di Cavezzo... Ed eccomi ancora qui». Di anni ne sono infatti passati 56 e Barbieri lo gestisce ancora con la stessa passione del primo giorno.
«La diffusione a Cavezzo e dintorni della fotografia era presente grazie alla grande abilità professionale e caratteriale del fotografo Nelson, attività tutt'ora presente grazie al figlio Gianni che ha raccolto il testimone», racconta Arrigo. In pochi anni la fotografia fu la vera protagonista dell'hobbystica del momento e divenne alla portata di molti. Il formato del 35mm, gli apparecchi del sistema Reflex con ottiche intercambiabili, le compatte super automatizzate, l'avvento delle diapositive da proiezione, alimentarano e formarono una vasta area di mercato per quel settore. «Facevo prezzi bassi, concorrenziali e i clienti iniziarono ad arrivare anche da altri Comuni...», aggiunge Barbieri, testimone di oltre duemila matrimoni a cui è stato invitato per immortalare il fatidico sì. «In 56 anni nel mio zoon sono finiti giorni felici e tragici. E tanti personaggi: da Papa Giovanni XXIII ad alcuni presidenti della Republica, politici e personaggi pubblici civili e militari. Campioni dello sport e della musica e dello spettacolo, industriali», racconta Arrigo che attraveso le immagini scattate potrebbe scrivere un diario lungo mezzo secolo. «A volte mi viene chiesto quali sono stati gli eventi che direttamente o indirettamente mi hanno lasciato il ricordo più vivo. A tutti rispondo che sono stati centinaia e centinaia, alcuni sono racchiusi gelosamente nella sfera della sensibilità personale. Ma, visto che in questi giorni si parla dell’anniversario della morte di Alfredino, mi viene in mente quella di un ragazzino estratto dal pozzo artesiano. I tanti caduti sul lavoro, persone perite nei campi sotto i trattori, come gente protagonista di eventi tragici...». E grazie alla fotografia Arrigo ha coltivato l'interesse per il recupero della storia locale, rurale: «Un mondo che non c’è più ma di cui non dobbiamo perdere memoria e radici. Per questo ho pubblicato sedici libri raccolta di pagine di storia di Cavezzo e della Bassa fino al terremoto del 2012. Passando attraverso la storia del Bosco della Saliceta e quella della lavorazione della Canapa: le ultime opere che mi hanno tenuto seriamente impegnato».
Voglia di mollare, abbassare per sempre la serranda del negozio nel cuore della cittadina? «Mai. Anche se l’età si fa sentire, ogni volta che alzo la serranda e apro il negozio è come fosse quella mattina di 56 anni fa...». —
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