I medici sulla febbre del topo: «Rafforzare le derattizzazioni»
L’auspicio-invito della categoria dopo i casi di hantavirus. Le raccomandazioni a chi frequenta Tarnova
GORIZIA. «Credo spetti a chi la responsabilità della tutela della salute pubblica di attivarsi per un rafforzamento delle derattizzazioni, vista la situazione che si è venuta a creare».
Un auspicio ma che diventa anche un chiaro invito alla luce dell’esplosione di casi di “febbre del topo” nella vicina Slovenia, nei boschi di Tarnova. Ad intervenire sono i medici di medicina generale, attraverso la loro rappresentante e portavoce Adriana Fasiolo. La categoria è stata adeguatamente “catechizzata” dall’Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina (Asugi).
La stessa segretaria provinciale goriziana della Fimmg sottolinea come il direttore del Dipartimento di prevenzione Adele Maggiore ha inviato nei giorni scorsi a tutti i colleghi ma anche ai pediatri, ai medici di continuità assistenziale e ai medici Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) un’informativa dedicata all’infezione da hantavirus.
Asugi raccomanda a tutti i professionisti «di mantenere un’attenta sorveglianza per individuare tempestivamente eventuali casi sospetti con le caratteristiche cliniche evidenziate e con anamnesi suggestiva di possibile contatto da roditori. Si ricorda di segnalare l’eventuale caso al momento della diagnosi al Dipartimento di prevenzione (mail isontina: infettive-profilassi@asugi.sanita.fvg.it)».
Sempre nella medesima missiva, il direttore Maggiore parla di «aumento del numero di casi di infezione da hantavirus nei territori limitrofi di Slovenia e Croazia» e ritiene opportuno «allertare sulla possibile circolazione di questo agente virale che può essere trasmesso all’uomo attraverso il contatto con piccoli roditori (topi di campagna) infetti o con i loro escrementi. Può causare - scrive la dottoressa - gravi infezioni ai polmoni (con tosse e respiro affannoso) o ai reni (con eruzione, dolore addominale e, talvolta, insufficienza renale)».
L’Asugi rammenta anche che i sintomi di esordio dell’infezione sono febbre improvvisa, cefalea e dolori muscolari. Alcuni soggetti lamentano anche dolore addominale, nausea, vomito e diarrea. Il periodo di incubazione può essere «breve, di pochi giorni, o lungo fino a due mesi ma, di solito, di due/quattro settimane». Altro dato importante: la forma clinica più frequente in Europa è quella renale. «In alcuni casi - spiega ancora Adele Maggiore nella lettera inviata ai medici di famiglia - l’infezione è lieve e non provoca avvisaglie, in altri casi si manifesta improvvisamente con sintomi simili a quelli dovuti ad infezione da Sars Cov2 come febbre alta, dolori muscolari, cefalea e nausea che si aggravano rapidamente con grave ipotensione arteriosa e insufficienza renale». Asugi rammenta anche che «il decesso si verifica nel 6/15 per cento dei casi. La maggior parte di coloro che sopravvivono si riprende in tre, massimo sei settimane, ma la guarigione può richiedere sino a sei mesi. La diagnosi viene posta mediante la ricerca di anticorpi specifici».
In sloveno la malattia si chiama “Mišja mrzlica” (febbre dei topi), in italiano equivale a febbre emorragica con sindrome renale. Da ricordare che, tra il primo gennaio e il 10 giugno, l’Istituto di microbiologia della facoltà di Medicina di Lubiana ha registrato 213 persone infette in tutta la Slovenia, di cui 64 nella Goriška. A maggio, i casi nella zona a cavallo del confine con Gorizia e l’Isontino erano stati appena 16: quindi il numero è cresciuto parecchio. Diverse persone sono state ricoverate, nessuno, fortunatamente, è morto. La malattia non si trasmette da uomo a uomo. È molto probabile che il boom di casi (l’anno scorso in Slovenia ne furono registrati solo 14) sia dovuto ad un aumento della popolazione di topi. Nel bosco di Tarnova e dintorni sembra ci sia una vera invasione.