La Francia scopre Calligarich e celebra il suo alter-ego Leo
È passato mezzo secolo, quasi, dalla prima pubblicazione del suo romanzo-capolavoro, anno 1973 con Garzanti, ma i critici francesi candidamente ammettono di non aver mai sentito nominare Gianfranco Calligarich. Fino a pochi mesi fa, almeno, quando l’editore Gallimard ha “scoperto” l’esordio dello scrittore e sceneggiatore di famiglia triestina, “L’ultima estate in città”, Premio Inedito 1973, e ha deciso di pubblicarlo. Il libro ha raccolto un’incredibile rassegna stampa di consensi e apprezzamenti unanimi. Le Figaro magazine e Le Figaro letterario parlano di “capolavoro”, di un protagonista - il giornalista Leo Gazzarra, che da Milano arriva a Roma e si innamora, di una donna e di una città - “indimenticabile”. Calligarich aveva 26 anni e in quella storia c’era molta autobiografia. Ora, sulla scorta del successo francese, “L’ultima estate in città” è in corso di traduzione in diciassette lingue e torna in libreria anche in Italia, in una nuova edizione Bompiani (il terzo editore del romanzo dopo Garzanti e Aragno) dal 30 giugno. Lo “sconosciuto” Calligarich ha appena vinto il Premio Fitzgerald in Costa Azzurra e a Parigi, dall’1 al 4 luglio, sarà tra i protagonisti del festival Italissimo. Perchè Leo Gazzarra e la sua esistenza che va alla deriva in una Roma simile a quella di Marcello ne “La dolce vita” riescono ancora a suscitare attenzione ed emozione?
A questo libro particolare, diventato di culto, e al suo autore, che ha firmato per la Rai celebri sceneggiature come “Piccolo mondo antico” dell’83 con Alida Valli per la regia di Salvatore Nocita, è dedicata la copertina del Piccololibri in edicola sabato col quotidiano. Uno sfoglio di sette pagine di storie, arte, personaggi legati a Trieste e alla regione (e non solo, come accade in questo numero) che arricchisce Tuttolibri della Stampa con uno sguardo particolare sul territorio. Il paginone centrale invita a una visita, al Padiglione del Montenegro alla Biennale di Venezia (Palazzo Palumbo Fossati), dove si racconta un personaggio tutto da scoprire, Svetlana Kana Radević, prima donna architetto del Montenegro, nata nel 1937 a Cetinje, laureata a Belgrado, master negli Stati Uniti poi studi in Giappone. Kana - come la chiamano le due curatrici del percorso, Dijana Vučinić e Anna Kats - disegnava condomini per la fame di case del dopoguerra e alberghi per la Jugoslavia che si apriva al turismo internazionale. Il suo Hotel Podgorica, del 1967, vinse il premio d’architettura più famoso nella federativa, il Borba, quando lei aveva appena ventinove anni. Utilizzava materiali grezzi, duri, cemento o pietre locali, che riusciva ad amalgamare col paesaggio, e per gli alberghi disegnava anche gli interni, dagli arredi alle maniglie. Porta la firma di Kana Radević anche il grande “spomeniki” di Barutana, uno dei monumenti disseminati in tutta l’ex Jugoslavia in ricordo e tributo ai caduti della guerra e ai partigiani. Due gli scrittori di cui si occupa il Piccololibri di questa settimana. Il primo è l’austriaco Helmut Eisendle, che visse a Trieste tra il 1980 e il 1981, grande estimatore dei piccoli locali che si aprivano nelle traverse di Viale D’Annunzio, dove abitava, ma innamorato soprattutto del Caffè Tommaseo, all’epoca gestito da Carlo Papucci. Quando il locale chiuse per restauro, il ristoratore regalò a Eisendle un pezzo dei vecchi stucchi, che da allora lo scrittore, scomparso nel 2003, ha portato con sè in ogni trasloco. «Trieste - diceva - è come una donna che ami, e ti chiedi perchè, per quale motivo. La ami esattamente per quello che è. Trieste appartiene a quella categoria di città che si offrono, come compagne. Amiche». Il secondo autore è il futurista triestino Vladimiro Miletti, di cui viene presa in esame la raccolta “Fughe nei secondi”, poesie su diciotto pratiche sportive che toccano temi cari al movimento, con la singolare esclusione dell’aviazione, nonostante l’autore fosse discepolo di Bruno Sanzin, organizzatore, nel 1931, della prima mostra di pittura e aeropittura futurista a Trieste. In quest’opera Miletti abbandona il lessico e il verso amati dai futuristi, nel tentativo di conciliare lo spirito iconoclasta con la restaurazione romana dell’Italia imperiale. Non ci riuscirà e i suoi atleti appaiono monumentali e statici come le statue dello Stadio dei Marmi del Foro Mussolini, inaugurato nel 1932. Lo sfoglio del Piccololibri si completa con una “cartolina” del violinista Federico Agostini, (nipote) e allievo di Franco Gulli, poi di Renato Zanettovich e Salvatore Accardo, che vive in Giappone e insegna all’Università di Nagoya.