Mario Brunello: «Porto a Trieste la “voce” più antica del grande Tartini»
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Lunedì 28 giugno per la Società dei Concerti suonerà il violoncello piccolo, in uso fra Seicento e Settecento
TRIESTE. È uno dei più noti violoncellisti a livello internazionale, ma, per la regione, è anche un amico grande e di vecchia data. E questa volta farà sentire la “voce” autentica di Giuseppe Tartini, il grande compositore che lo scorso anno ha festeggiato i suoi primi duecento anni. Mario Brunello è invitato dalla Società dei Concerti, per il secondo appuntamento della stagione numero 89: lunedì 28 giugno, alle 20.30, al Teatro Verdi di Trieste e con lui ci sarà l’Accademia dell’Annunciata diretta da Riccardo Doni. Brunello non suonerà il violoncello tradizionale, ma quello piccolo, che rimanda direttamente agli anni di Tartini.
Nel programma c’è Tartini, ma anche Bach.
«In questo periodo - risponde Mario Brunello -, i programmi si sono molto adattati alla situazione: il concerto di domani, allora, avrebbe dovuto essere tutto dedicato a Tartini e tenersi in una data precedente. Per fortuna, siamo riuscito a recuperarlo, ma con un repertorio un po’ modificato, inserendo anche Bach, visto che sarà al centro di un’incisione che faremo nei prossimi giorni. Il protagonista, in ogni caso resta il violoncello piccolo, lo strumento a cui in questi anni mi sto dedicando».
Non è il più noto tra gli strumenti…
«Dalla seconda metà del ‘600 alla prima del ‘700 aveva grandi prospettive fino a quando il violoncello stradivariano l’ha messo in ombra, facendolo sparire. È un violino basso o violino tenore, con misure leggermente più piccole di un violoncello classico. Mi ha dato la possibilità di rivedere i Concerti di Tartini, che erano dedicati ad Antonio Vandini, suo collega, amico e grande virtuoso proprio del violoncello piccolo. Con Bach, invece, partendo dalla mia volontà di suonare le Sonate e Partite per violino solo, con il violoncello sarebbe stato impossibile, mentre con il violoncello piccolo ho potuto farlo. E da qui è nata la voglia di eseguire pure i suoi Concerti per violino: non quelli famosi, ma quelli ricostruiti».
In che senso “ricostruiti”?
«Bach aveva trascritto per clavicembalo i suoi Concerti per flauto, oboe d’amore, violino. Poi, gli originali sono andati perduti, e quelli per clavicembalo sono rimasti e sono celebri; in seguito, sono stati quindi ricostruiti per gli strumenti originali. Ho allora affrontato il suo Concerto per oboe d’amore e altri ancora. Quindi, dopo una pagina di Händel, quale ouverture affidata alla sola orchestra, si sentirà il violoncello piccolo in una letteratura settecentesca originale (eseguendo il Concerto in la maggiore di Tartini) e in una letteratura dello stesso periodo trasportata (come nel caso del Concerto Italiano di Bach). Non posso poi trascurare un’autentica gemma che presenteremo: una Sonata per violoncello piccolo, sempre di Tartini».
Ha parlato di un’incisione bachiana…
«Registrerò la prossima settimana un programma a lui dedicato per violoncello piccolo e archi, in una chiesa di Abbiategrasso, sempre con l’Orchestra dell’Annunciata. Sarà il terzo album di un progetto con la casa discografica Arcana, dedicato al violoncello piccolo e a Bach».
Non ha mai voluto suonare il violino?
«Ho sempre invidiato il violino o altri strumenti, ma sono innamorato del violoncello e, ora, anche di questo violino tenore: la mia espressione musicale deve ormai passare attraverso l’abbraccio con questi corpi di legno, non riuscirei a vederla assieme con altri strumenti. Il suo rapporto con il Friuli Venezia Giulia è intenso… Ho iniziato la mia attività in regione: non so davvero quanti concerti ho fatto! E la mia immagine del Friuli Venezia Giulia passa attraverso “La casa a Nord-Est” di Sergio Maldini. Per me, quando imbocco l’autostrada e, da Portogruaro in poi, ma anche da Casarsa, entro sempre di più nel territorio noto un’atmosfera che mi emoziona. E poi il mio maestro al Conservatorio è stato Adriano Vendramelli, che, pur insegnando a Venezia, dove aveva trascorso la vita, era triestino».