Aiuta un anziano nelle faccende quotidiane, lui le regala soldi per oltre 7 mila euro: condannata per circonvenzione
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foto da Quotidiani locali
TARCENTO. Il figlio non lo trattava da anni. Ma quando la zia gli aveva raccontato di averlo visto in compagnia di una donna che, nel prendersi cura di lui, pareva allungare le mani sui suoi risparmi, aveva deciso di rifarsi vivo. E, una volta sbarazzatosi di quell’estranea, di metterlo in una casa di riposo. I guai, per Madeline Sofia Comelli, oggi 56enne, originaria del Camerun e residente a Tarcento, erano cominciati da quella denuncia.
Ieri, il tribunale di Udine l’ha riconosciuta colpevole di uno dei tre reati per cui era stata trascinata a giudizio: la circonvenzione d’incapace, che all’epoca le aveva fruttato la somma complessiva di 7.310 euro, e che ora le è costata una condanna a 1 anno e 4 mesi di reclusione e 150 euro di multa (sospesi con la condizionale). Per le altre due ipotesi, l’appropriazione indebita e l’uso indebito della carta bancomat, il giudice monocratico Rossella Miele ha ritenuto di assolverla. Il pm onorario Paola Peressini aveva concluso per complessivi 2 anni e 6 mesi. Il difensore, avvocato Andrea Sandra, aveva invece insistito per l’assoluzione su tutto. Richiesta che, letta la motivazione, riproporrà in appello. Nel procedimento, nessuno - tanto meno la parte offesa, all’epoca settantenne e successivamente deceduto in ospizio - si era costituito parte civile.
I fatti risalgono al periodo compreso tra marzo e settembre 2017. L’imputata e l’anziano si erano conosciuti frequentando lo stesso gruppo di persone e, trovandosi entrambi in un momento della vita di particolare fragilità, avevano in breve solidarizzato. Secondo l’interpretazione dei fatti proposta dall’avvocato Sandra, la loro amicizia li aveva portati ad aiutarsi vicendevolmente: lei gli preparava da mangiare, gli faceva la spesa, lo accompagnava in posta e gli pagava le bollette, e lui la gratificava con piccoli doni in denaro. E cioè, come precisato dal pm Maria Caterina Pace, titolare del fascicolo, con la serie di prelievi che le vengono imputati, per un totale di 2.060 euro in poco più di un mese, e con gli ulteriori 5.250 euro che era riuscita a prelevare dopo che la famiglia, decisa a porre fine agli esborsi, aveva chiesto alla banca di bloccargli il bancomat. Soldi, quindi, attinti con le carte provvisorie emesse dallo stesso istituto. «Un ingiusto profitto ottenuto abusando dello stato di infermità» dell’uomo, la conclusione, che però – ha osservato la difesa – difetta di qualsiasi certificazione medica.