Dal Friuli il grido della giornalista incarcerata in Iran: «Dietro le sbarre della mia prigione»
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foto da Quotidiani locali
Escono giovedì 1 luglio, per iniziativa del festival Vicino/Lontano e delle Librerie in Comune di Udine, i Diari dal Carcere di Sepideh Gholian, giovane reporter e attivista iraniana arrestata nell’autunno 2018.
I Diari sono pubblicati da Gaspari e saranno presentati alle 19, nella Loggia del Lionello, da Luciana Borsatti, giornalista esperta di Iran e Fabrizio Foschini, traduttore dei Diari e studioso.
Ecco il testo della prefazione scritto dall’autrice, che pubblichiamo per gentile concessione della casa editrice.
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A un anno di distanza dalla pubblicazione dei racconti e degli schizzi per il libro La tilapia succhia il sangue di Hur al-Azim, mi trovo dietro le sbarre di un’altra prigione e, se mi guardo alle spalle, vedo una tempesta di catastrofi che si è nel frattempo abbattuta sulla prigione che ormai si estende su ogni lembo di terra dell’Iran.
Ormai, non fa più differenza che una persona sia in prigione oppure no, il solo fatto di vivere in Iran ci rende prigionieri. Hur al-Azim è una cronaca delle esperienze di vita di povere donne arabe del Khuzestan, non più nei ghetti che abitano, ma nelle prigioni.
Prima di scrivere queste vicende, le ho vissute assieme a loro, nella prigione di Sepidar. Quindi, rileggere le storie delle mie sorelle per me non è mai disgiunto dal riviverle.
Per fare sì che il racconto delle loro vite potesse stabilire una connessione più profonda a livello emotivo con i lettori, i testi sono accompagnati da illustrazioni, che sono il frutto di un’esperienza collettiva.
Ho fatto tutto ciò perché la lettura del libro vi faccia percepire la vita delle mie sorelle con la mia stessa intensità. Ma è possibile desiderare di far vivere a qualcuno l’esperienza di tali sofferenze, oscurità, soffocamento e umiliazione?
Questo paradosso assale il lettore da due lati, dall’inizio della lettura fino alla chiusura del libro, prendendolo come a pugni; finché nulla più rimane, tranne, appunto, un paradosso di dimensioni mostruose. Forse questo paradosso è uno dei risultati di Hur al-Azim che mi è divenuto chiaro solo ora.
La mia speranza è che la pubblicazione della traduzione in lingua italiana del libro spalanchi nuove e più grandi finestre alle mie sorelle di lotta, e che porti il loro grido fino alle orecchie delle donne italiane, quelle donne che per anni hanno opposto resistenza al fascismo di Mussolini.
Quindi, prendo il fatto che Hur al-Azim venga rilanciato a distanza di un anno come un presagio favorevole, che possa preannunciare l’arrivo di un repulisti generale in quell’immensa prigione a cielo aperto che è l’Iran. —