La Piazza: «Segretate le ultime analisi Arpat in discarica». Gli attivisti rilanciano la ripubblicizzazione dell’azienda
PIOMBINO. In casa della fallita Rimateria Spa non si sono ancora chiuse le indagini che fanno capo alla Procura di Livorno. L’ipotesi è di bancarotta fraudolenta e altri reati societari. Ci vorrà molto tempo per mettere in ordine documenti e testimonianze, partendo dalla tesi che Asiu era di fatto già fallita prima dell’estremo tentativo di salvataggio perpetrato con Rimateria, fatto secondo l’accusa per coprire errori, omissioni ma anche trucchi contabili del passato. Si parte quindi da Asiu nel 2008 e si arriva fino a Rimateria. Nella raccolta dei documenti finiti sotto il vincolo del segreto istruttorio ci sono finite anche le più recenti indagini ambientali svolte nella discarica dai tecnici Arpat. Lo rendono noto gli attivisti di La Piazza Val di Cornia.
«I risultati delle ultime indagini ambientali svolte nella discarica, nonostante la nostra formale richiesta di accesso agli atti, non ci sono state fornite da Arpat – affermano gli attivisti – . Per la prima volta, il responsabile del procedimento di accesso ha negato “temporaneamente l’accesso su indicazione dell’Autorità giudiziaria ex articolo 329 del Codice di procedura penale”, articolo che impone l’obbligo del segreto sugli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria fino alla chiusura delle indagini preliminari».
Sulla questione Rimateria, i problemi ambientali e occupazionali a essa collegati, La Piazza Val di Cornia a settembre ha proposto di inserire tutta l’area delle discariche all’interno del SIN e della trincea drenante. «Una strategia che renderebbe effettiva la messa in sicurezza operativa dell’intera falda superficiale – dicono – e che consentirebbe di ricevere finanziamenti statali per la bonifica dell’area, che andrebbero ad aggiungersi alla riscossione delle fideiussioni rilasciate da Rimateria». La proposta a metà dicembre è stata approvata all’unanimità dal consiglio comunale di Piombino. «A distanza ormai di due mesi, visto il pesante silenzio sceso sulla questione, ci chiediamo se a tale approvazione abbia fatto seguito la doverosa e urgente azione verso il Ministero».
La situazione ambientale del sito per La Piazza è «sicuramente sull’orlo del collasso, ma le indagini in corso non ci permettono di sapere quanto. La curatrice fallimentare è tenuta a ottemperare alle prescrizioni regionali in merito alla sicurezza, soprattutto riguardo alla situazione del percolato. La soluzione passa necessariamente dalla chiusura della discarica esaurita e dalla riscossione delle apposite fideiussioni. I vecchi compratori si sono ritirati e non sappiamo a cosa mirino quelli nuovi, sempre che ci siano».
La prospettiva che l’azienda possa essere venduta a nuovi provati non convince La Piazza. «La situazione disastrosa dell’area gestita da Rimateria ci ha spinti a chiedere alle amministrazioni comunali di Piombino, Campiglia e San Vincenzo, e a tutte le forze politiche di non accettare che quella che era una società pubblica sia venduta all’asta a nuovi privati. Abbiamo proposto in alternativa un percorso che vede gli enti locali, la Regione e il ministero della Transizione ecologica, con Invitalia, lavorare per riacquisire il pieno ed esclusivo controllo pubblico di Rimateria, al fine di creare una Spa di scopo per il risanamento ambientale del SIN di Piombino». E proseguono: «Effettuare le bonifiche con un’azienda di nuovo pubblica, a esse esclusivamente dedicata, consentirebbe di ridurre sensibilmente le spese e rimettere finalmente a posto l’intera area». Per concludere che «gli spazi in discarica già autorizzati dovrebbero essere utilizzati esclusivamente per i materiali provenienti dalla bonifica, come le terre della messa in sicurezza operativa della falda, del SIN ed eventuali ampliamenti dovrebbero essere legati esclusivamente alle necessità di bonifica del SIN di Piombino. La nostra proposta di creare una azienda pubblica per il risanamento ambientale non è un’utopia: esperienze simili si sono già avute a Casale Monferrato e a Cornegliano».
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