Carnevale di Viareggio, i conti tornano: biglietti venduti, le curiosità sugli spettatori e le reazioni
La Fondazione ha comunicato gli incassi al termine dell’edizione, e non più all’indomani delle singole sfilate. La presidente Marialina Marcucci e i consiglieri Marco Szorenyi e Monica Guidi: «Spettatori da tutto il mondo»
VIAREGGIO. Da Anchorage, la principale città dell’Alaska, all’ancora – che campeggia nello stemma della città di Viareggio – il passo è più breve di quanto si possa pensare. Ed è proprio da una delle zone più impervie e disabitate degli Stati Uniti che provengono alcuni dei circa 200mila spettatori paganti dei sei corsi mascherati andati in scena tra febbraio e marzo. Come annunciato oltre un mese fa, la Fondazione Carnevale ha comunicato gli incassi direttamente al termine dell’edizione, e non più all’indomani delle singole sfilate. E sono numeri che la presidente Marialina Marcucci e i consiglieri Marco Szorenyi e Monica Guidi accolgono con soddisfazione: due milioni e 372.726 euro netti. Il primo corso ha fruttato 264.421 euro, quello di Giovedì Grasso 81.950 euro, mentre il terzo ha fatto registrare l’incasso più alto (583.555 euro). Bene anche il dato del Martedì Grasso (175.943 euro) , le due sfilate di sabato in Quaresima hanno fatto guadagnare rispettivamente 372.157 euro e 420.882 euro. A questi dati vanno aggiunti i (pochi) biglietti cumulativi staccati, peraltro venduti quasi tutti dopo Befana – e dunque a prezzo pieno – soprattutto a causa del clima d’incertezza che ha accompagnato il Carnevale per tutto gennaio: sono 16.555, la metà di quelli acquistati dai viareggini due anni fa, e hanno fruttato 711.091 euro. Il totale (lordo) diventa così due milioni e 609.999 euro.
«La domenica è indubbiamente la giornata che ci fa incassare di più – osserva Marcucci – anche per l’anno prossimo abbiamo confermato due sfilate di domenica e altrettante di sabato sera. Sta crescendo il dato del Martedì Grasso, adesso puntiamo a far diventare una consuetudine anche la sfilata di Giovedì Grasso». Risultato: la Fondazione ha incassato quasi 50mila euro in più di quanto indicato nel bilancio di previsione – due milioni e 328mila euro – e, come da bando di concorso, ridistribuirà proporzionalmente tra i vari carristi e mascheratisti in gara il surplus di introiti. E proprio perché le previsioni sono state rispettate, aggiunge Marcucci, «abbiamo raggiunto l’obiettivo di accantonare ogni anno 300mila euro per rientrare del disavanzo di bilancio di un milione e mezzo di euro relativo all’edizione 2021», quella dei soli 5mila spettatori ammessi alle sfilate, e tutti a sedere.
La Fondazione ha fatto cassa soprattutto con i biglietti ordinari, validi per l’ingresso alla singola sfilata: il 38% di questi è stato acquistato online. «Abbiamo registrato un incremento significativo, perché nel 2017 ne avevamo venduti appena 5mila e cinque anni dopo siamo arrivati a 32mila» fa sapere Szorenyi.
Andrea Mazzi e Alessandra Delle Fave dell’ufficio stampa, poi, rendono note le provenienze degli acquirenti dei ticket: la Toscana resta naturalmente il bacino d’utenza più importante, seguita da Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio e tutte le altre regioni italiane.
L’estero ha inciso per l’1,9%, con spettatori arrivati dagli Stati Uniti – il già citato Alaska, ma anche Alabama, Colorado, Florida, Minnesota, Nevada, New Jersey e Texas -, da città quali Parigi, Barcellona, Copenhagen, Valencia e perfino San Salvador e Tel Aviv.
«Questa è un’indicazione di potenziali bacini non solo per il Carnevale, ma pure per tutta la città» afferma Marcucci. Che poi aggiunge: «Le nostre aspettative sono quelle che abbiamo messo nel bilancio, le speranze potevano essere superiori. Il mio pensiero è che l’abbiamo sfangata anche se è indubbio che gli eventi intorno a noi abbiano un’incidenza su quello che facciamo». Il riferimento è alla guerra in Ucraina: «Avevamo costruito tante emozioni, ma poi quella mattina di Giovedì Grasso in ha cambiato qualcosa e abbiamo chiuso con uno stato d’animo diverso rispetto a com’eravamo partiti: pensate se avessimo posticipato l’inizio delle sfilate di due settimane, come qualcuno aveva proposto, e avessimo iniziato a guerra già scoppiata…».
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