Addio a "Bibi" Gufoni, pioniere del karate livornese
Livorno: aveva iniziato con il jujitsu diventando poi "nono dan" e stella d'oro del Coni. Aveva 92 anni
LIVORNO. Ci piace pensarlo in tenuta da combattimento ad attendere il via dall’arbitro centrale. Pronto come sempre ad affrontare una nuova sfida. Con quel sorriso indimenticabile, il fisico di nuovo possente ora che è entrato nel mondo di quei samurai che hanno ispirato i suoi 92 anni di vita sui tatami della terra. Gufoni, all’anagrafe Alfredo ma per tutti e da sempre “Bibi” il pioniere, il campione, il maestro di karate ci ha lasciato per raggiungere una dimensione diversa.
L’inizio di Bibi fu proprio col jujitsu in uno spazio angusto delle vecchie “Acque della salute” negli anni Cinquanta. «Sentivamo tanto parlare di lotta giapponese», raccontava». Poi Bibi conosce Luciano Campolmi di Firenze, un altro pioniere non del jujitsu bensì del karate. Ed è quella la via che intraprende e porta avanti tutta la vita. Quei quattro stracci diventano un vero, enorme tatami in paglia di riso. La sede diventa grande perché siamo sul viale Italia, negli spazi sotto Pulcinella, è l’Athletic club che ha sede anche in via Marradi. Tutto grande perché gli appassionati crescono e crescono. Per merito del karate? Sì, la disciplina è affascinante. Ma soprattutto perché il maestro è lui, Bibi. La simpatia, la schiettezza, il modo di fare tutto livornese conquistano giovani e meno giovani. Il “pioniere” diventa sempre più esperto. Raggiunge ben presto i vertici dell’organizzazione nazionale diretta all’epoca dal suo amico Augusto Ceracchini e comincia a formare i campioni. «Non me li ricordo tutti e non voglio fare torto a nessuno citandone uno invece di altri. Sono tantissimi», spiegava in una intervista.
Nella sua scuola, che col tempo si sposta in via Garibaldi e diventa lo “Sporting club”, nel corso degli anni si avvicendano centinaia di atleti. «Per la verità – disse un giorno – alcuni amici piuttosto facoltosi mi avevano detto che forse avrei dovuto creare una vera e propria élite. Ma io ho sempre preferito avere un grande numero di persone. Che magari potevano pagare una retta piccola al confronto di quella che potevano darmi i miei amici ricchi. Ma il karate è giusto sia conosciuto da tutti».
Oltre al suo sorriso, la sua voce possente di una volta, quando durante una gara al palaCosmelli (ai tempi c’era solo quello) tuonò al pubblico che rumoreggiava di fare silenzio. Ci aveva provato il presentatore, un signore di Padova, urlando nel microfono a tutto volume. Ma ci voleva Bibi: «Tenga lei il microfono maestro», gli disse. «Ma che microfono, ci penso io. Basta State zitti…». E tutti ammutolirono. Ricordo il sorriso di Bibi sul tatami quando insegnava. “Bibi” si faceva capire con i termini tecnici dell’arte misti al livornese più schietto, come quando organizzava stage settimanali col grande maestro Murakami. Era un duro questo giapponese. Che si esprimeva un pochino in giapponese, un po’ in francese. Ma quando proprio non capivi non esitava a usare il linguaggio delle mani. E lì Bibi a rabbonire, cercare di portare il buon per la pace. «Maestro posso uscire?», chiese una volta un atleta col naso sanguinante a seguito di una spiegazione. «Certo – rispose Bibi – ma dove vai?». «A casa a prendere la pistola così quello l’ammazzo…». Naturalmente tutto rientrò nei ranghi. Bibi rispettava tutti. E pretendeva, giustamente rispetto. Sul tatami e fuori. Da giovane come nella età matura. «Ma sai cosa mi è successo – raccontava dai suoi 80 anni sempre ben portati – L’altro giorno mentre parcheggiavo uno mi dice che il posto è suo. Io rispondo di no e lui mi fa: “Ma stai zitto vechio stupido…”. E io: “Lo stupido l’accetto, ma il vecchio no…”. Se non mi fermavano gli davo una lezione». Ma di certo sarebbe comunque finito tutto lì: Bibi non era certo violento, né attaccabrighe. Poi sono passati altri anni. Arrivano nuovi riconoscimenti alla carriera, anche il nono dan, massimo grado, la stella d’oro del Coni. E il tempo va avanti anche nella magica atmosfera del dojo. Nel dojo Bibi c’è fino all’ultimo. Intanto parecchi allievi lasciano questo mondo. Sono andati a preparare, in un’altra dimensione, un altro dojo dove Bibi ora li ritroverà e li preparerà ancora. Col sorriso, la sua schiettezza, la voglia di vivere che supera il concetto della morte terrena. l