Cooperante morto a Capo Verde, riaperto il caso
Il gip ha accolto l’opposizione dei familiari all’archiviazione dell’inchiesta: si potrebbe delineare lo scenario dell’omicidio
FIRENZE. Il primo maggio del 2019 il cooperante fiorentino David Solazzo, 31 anni, fu trovato morto nella sua casa sull’isola di Fogo, a Capo Verde. Il decesso fu causato dal dissanguamento per una profonda ferita sul braccio, provocata da un frammento di vetro di una delle finestre, trovata rotta. Le autorità di Capo Verde di recente hanno chiuso le indagini classificando l’episodio come un incidente domestico. E così aveva fatto anche la procura di Roma, che aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sul caso. Ieri però il gip di Roma ha accolto l’opposizione all’archiviazione avanzata dai familiari di Solazzo, disponendo nuove e più approfondite indagini. Nel suo provvedimento il giudice Paolo Scotto di Luzio indica agli inquirenti di fare gli accertamenti richiesti dai familiari, tra cui l’esame del cellulare e della macchina fotografica di David Solazzo. Verifiche che secondo i familiari potrebbero aprire allo scenario dell’omicidio, ma che non saranno possibili senza la collaborazione, finora non pervenuta, delle autorità di Capo Verde che hanno ancora in custodia gli oggetti. Adesso però le cose potrebbero cambiare.
«Le autorità di Capo Verde – spiega il legale della famiglia, avvocato Giovanni Conticelli – non potranno più opporre il segreto istruttorio», avendo archiviato l’inchiesta. Tra le richieste contenute nell’istanza di opposizione all’archiviazione accolta dal gip, anche quella di effettuare rilievi di polizia scientifica nell’appartamento dell’isola di Fogo dove fu trovato morto Solazzo, che non sono mai stati eseguiti dalla polizia locale. L’abitazione al momento è chiusa e ancora nella disponibilità della famiglia, che ha continuato a pagarne l’affitto. Poi dovrà essere esaminato il pc del cooperante, restituito di recente alla onlus fiorentina Cospe per la quale il trentunenne lavorava.
«Non si tratta tanto di una riapertura delle indagini – sostengono i familiari – ma di una apertura delle stesse, cioè di iniziare, finalmente, a distanza di quasi tre anni, a voler far piena luce su cosa è accaduto a David, senza accontentarsi di ricostruzioni sbrigative e semplicistiche».
«Quello che è accaduto nel caso di David – aggiungono – fa emergere problematiche sistemiche della collaborazione giudiziaria internazionale che purtroppo interessano numerose famiglie che perdono i propri cari che lavorano all’estero». La procura di Roma avrà ora sei mesi di tempo per svolgere questi e altri atti investigativi.
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